DIRITTO DEL LAVORO

Il contratto di lavoro a tempo determinato

Il rapporto di lavoro a tempo determinato prevede, per contratto, un termine finale di durata.

Con l’entrata in vigore della Legge 16 maggio 2014, n. 78 (che converte il Decreto legge n. 34/2014) sono state apportate significative modifiche al Decreto legislativo n. 368/2001 che regolamenta il contratto di lavoro a tempo determinato.

Infatti, per i contratti stipulati a partire dal 21 marzo 2014:

  • non è più previsto l’obbligo di individuare cause specifiche per la stipula di un contratto a termine (a-causalità);
  • la durata del contratto, comprensiva di eventuali proroghe, può essere di 36 mesi (invece dei 12 precedenti);
  • il contratto può essere prorogato per un massimo di 5 volte.

Questo vale per il contratto concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato.

Da notare che l’indicazione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da un atto scritto. La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a 12 giorni.

Limite numerico dei contratti

Il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro non può essere superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell’anno di assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Il superamento del limite percentuale comporta per il datore di lavoro una sanzione amministrativa, il cui introito verrà destinato al Fondo sociale per l’occupazione e la formazione.

Agli istituti pubblici e agli enti privati di ricerca non si applica questo limite, in relazione ai lavoratori che svolgono in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica o di coordinamento e direzione della ricerca. In questo caso i contratti possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca a cui si riferiscono.

Proroghe

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 3 anni. In questi casi, le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di 5 volte, nell’arco dei complessivi 36 mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato.

Prosecuzione oltre il termine

Con l’eccezione di casi particolari previsti dalla legge o dai contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale, qualora non vengano rispettati determinati limiti di durata o di successione nella stipula dei contratti a tempo determinato, al datore di lavoro possono essere applicate specifiche sanzioni oppure il contratto stesso viene ad essere considerato a tempo indeterminato.

In particolare, il contratto a termine può continuare oltre il termine originariamente fissato, ma non oltre:

  • 30 giorni, quando il contratto è di durata inferiore a 6 mesi;
  • 50 giorni, quando il contratto è di durata superiore a 6 mesi.

Il datore di lavoro è tenuto a corrispondere una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% per i primi 10 giorni e al 40% per i giorni successivi al decimo. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi oppure oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza di tali termini.

Successione dei contratti

Qualora il lavoratore venga nuovamente assunto a termine:

  • entro un periodo di 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi;
  • oppure entro 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai 6 mesi

il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.

Da notare che, quando si tratta di due assunzioni successive a termine senza alcuna interruzione, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.

Anche qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro abbia complessivamente superato i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi e indipendentemente dai periodi di interruzione, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. (Per il calcolo dei 36 mesi, si tiene conto anche dei periodi in somministrazione di lavoro a tempo determinato).

Diritto di precedenza

Chi ha lavorato a tempo determinato presso la stessa azienda per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate, per le stesse mansioni, entro i successivi 12 mesi.

Per le lavoratrici, anche il congedo di maternità rientra nel calcolo del tempo lavorativo che dà diritto di precedenza nelle assunzioni, sia a tempo indeterminato che determinato, effettuate entro i 12 mesi successivi.

Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.

Principio di non discriminazione

Il lavoratore a tempo determinato ha gli stessi obblighi dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato. E anche e gli stessi diritti: alle ferie e alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità, al trattamento di fine rapporto e ad ogni altro trattamento previsto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato dello stesso livello e in proporzione al periodo lavorativo prestato.

Esclusioni

La disciplina generale del contratto a termine non può essere applicata a determinate categorie di lavoratori o settori di impiego, in quanto già regolati da specifiche normative, e in particolare a:

  • rapporti di apprendistato;
  • contratti di formazione attraverso il lavoro che, anche se prevedono un termine, non costituiscono rapporti di lavoro;
  • richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
  • rapporti di lavoro a termine in agricoltura;
  • manodopera assunta nei settori del turismo e dei servizi pubblici per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore ai 3 giorni;
  • dirigenti (durata massima del contratto a termine: 5 anni);
  • contratti a tempo determinato per supplenze del personale docente ed ATA, nel servizio scolastico ed educativo;
  • contratti a tempo determinato del personale sanitario del Servizio Sanitario Nazionale;
  • rapporti di lavoro a termine in aziende che esercitano il commercio di esportazione, importazione ed all’ingresso di prodotti ortofrutticoli.