DIRITTO DEL LAVORO

Il licenziamento individuale in Italia:

Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro risolve il rapporto di lavoro unilateralmente.

Esistono diverse motivazioni che possono dare origine al licenziamento.

Il licenziamento disciplinare

Licenziamento disciplinare per giusta causa

In presenza di un comportamento del lavoratore che costituisca grave violazione ai propri obblighi contrattuali, tale da ledere in modo insanabile il necessario rapporto di fiducia tra le parti e che non consente la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto di lavoro (c.c. 2119).

La giusta causa pertanto, rappresenta nei fatti il licenziamento disciplinare per eccellenza; tale da troncare immediatamente il rapporto di lavoro senza neppure erogazione dell’indennità di preavviso.

In quanto sanzione disciplinare dovrà essere necessariamente preceduta dall’attivazione dell’obbligatorio procedimento disciplinare ed in particolare dalla preventiva comunicazione delle “contestazioni di addebito” al fine di consentire al dipendente una adeguata difesa da accuse eventualmente infondate.

Licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo

É rappresentato da comportamenti disciplinarmente rilevanti del dipendente ma non tali da comportare il licenziamento per giusta causa, e cioè senza preavviso.

Anche il giustificato motivo soggettivo pertanto rientra nell’ambito dei licenziamenti di tipo disciplinare, costituendo pur sempre una sanzione a comportamenti ritenuti tali da incidere in modo insanabile nel regolare proseguimento del rapporto di lavoro.

Ricordiamo che il licenziamento di tipo disciplinare è soggetto ad una specifica procedura, la cui violazione rende nullo il licenziamento stesso.

Vengono fatte rientrare nell’ambito del giustificato motivo soggettivo anche le figure dello scarso rendimento e/o del comportamento negligente del dipendente. Trattandosi comunque di valutazioni sul comportamento del dipendente, anche nelle ipotesi di “scarso rendimento”, costituisce condizione di legittimità del recesso la preventiva contestazione degli addebiti con diritto del dipendente a svolgere adeguatamente le proprie difese.

Il licenziamento per motivo oggettivo

É rappresentato da ragioni inerenti l’organizzazione del lavoro della società.

Costituisce pertanto giustificato motivo oggettivo la crisi dell’impresa, la cessazione dell’attività e, anche solo, il venir meno delle mansioni cui era in precedenza assegnato il lavoratore, senza che sia possibile il suo “ripescaggio”, ovvero la ricollocazione del medesimo in altre mansioni esistenti in azienda e compatibili con il livello di inquadramento.

Vengono ricondotti alla figura del giustificato motivo oggettivo anche le ipotesi in cui il lavoratore perda, non per propria colpa, le capacità necessarie a svolgere le mansioni per cui venne assunto.

Come ad esempio il superamento del “periodo di comporto”, cioè del periodo di malattia, stabilito dai contratti collettivi applicati, durante il quale il lavoratore non può essere licenziato o la sopravvenuta inidoneità del lavoratore alle mansioni.

Tale ipotesi tuttavia è stata più volte oggetto controversie giudiziarie e la giurisprudenza ha delimitato tali casi.

Le ipotesi di libera recedibilita

Fanno eccezione alla regola della necessaria motivazione del licenziamento solo pochi rapporti di lavoro, in cui il recesso può essere intimato liberamente (in relazione al recesso da tali contratti, si parla di libera recedibilità o recesso “ad nutum”). Tra questi vanno ricordati:

  • lavoratori domestici
  • lavoratori in prova
  • lavoratori con più di 65 anni se uomini e 60 se donne, e diritto alla pensione di vecchiaia
  • dirigenti, salvi i limiti eventualmente previsti dal contratto collettivo
  • atleti professionisti
  • apprendisti, al termine dell’apprendistato